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Cultura

Mosca, dall’ Urss alla Nuova Russia

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In questi ultimi anni la Russia è tornata ad occupare un  ruolo di primo piano nello scacchiere geopolitico globale, guadagnando peso economico e diventando membro dei BRICS. Quello che però traspare dai nostri media  è solo una visione parziale e filtrata attraverso valori occidentali che aderiscono solo in parte alla cultura russa di ieri e di oggi.  La conseguenza di ciò è il proliferare di connotati negativi rivolti al Presidente Putin e, per estensione, all’intero paese. I media strumentalizzano spesso e volentieri fenomeni quali le recenti proteste in Ucraina , gli arresti dei volontari di Greepeace e delle ormai famose Pussy Riots o la recente legge contro la propaganda gay per stigmatizzare un paese come retrogado e repressivo. Non vogliamo in questa sede scendere nei dettagli dei singoli casi, solo sensibilizzare su come possa essere fuorviante approcciarsi alla Russia in questo modo, un paese che ha dato tanto , e continua a dare, in termini di letteratura, di arti figurative, di scienza e di architettura. In particolare è Mosca, la sua capitale, a rappresentare lo specchio dei cambiamenti di un paese. Essa rappresenta un vero e proprio laboratorio urbano, fra le sue strade è possibile rintracciare le fila di una storia affascinante che prende avvio dall’economia, dalla società e dalla politica concretizzandosi nell’architettura e nel disegno della città. E’ qui che tutto accade prima e più velocemente ed è qui che è giusto soffermarsi per capire la complessità di un paese come la Russia.

Mosca, fondata nel 1147, è stata la capitale della Grande Russia dal 1340 al 1712,  la capitale dell’Unione Sovietica dal 1922 al 1991 e poi della Federazione Russa.  La città si è sviluppata a partire da cinque cerchi concentrici,un tempo contrassegnati da mura, il più interno dei quali è dominato dalla fortezza del Cremlino, ancora oggi centro della città. Mosca è passata da una popolazione di 250. 000 a oltre un milione nel 19th secolo. Secondo i dati del 2012 il numero degli abitanti è di 11 612 943 , mentre la popolazione nell’area metropolitana è stimata intorno ai 16 milioni. La sociologa Saskia Sassen nel 1991 ha descritto le città globali come centri di importanza politica, finanziaria e di scambio, di informazione e di dibattito culturale. Mosca ha ancora alcune sfide da cogliere prima di potersi definire a pieno titolo una città globale, come Londra o New York, ma le basi sono promettenti. Essere globale significa avere un ruolo di influenza e guida per il resto del mondo, Mosca ha la statura per fare ciò ma deve divenire maggiormente attrattiva verso lavoratori qualificati da tutto il mondo. La sua specificità culturale può essere l’impronta distintiva da valorizzare.

La definizione di una immagine riconosciuta è essenziale in questo processo di affermazione globale e su questo Mosca può insegnare qualcosa. L’interesse dell’Occidente in questa direzione sembra labile, molto più proiettato verso l’Oriente e gli Emirati Arabi piuttosto che verso la Russia. Non  si tratta di un boicottaggio, quanto piuttosto di una ignoranza o ritrosia nel rivolgersi alla Russia in termini positivi, riconoscendone il ruolo culturale.  Al contrario Mosca è un incredibile caleidoscopio di immagini e simboli e l’eredità sovietica stessa va riscoperta ed anzi riveste a mio avviso un fascino particolare.  Dai primi decenni del novecento essa diviene palcoscenico del socialismo e della collettivizzazione delle dinamiche urbane che sfocia nel 1935 nel primo piano sovietico per Mosca Capitale e nell’imponente sistema di trasporto pubblico. La metropolitana di Mosca, inagurata nel 1935, ad oggi presenta 12 linee ed  è degna di attenzione soprattutto per la ricchezza di materiali e decorazioni di alcune stazioni, come la stazione Kievskaja,  del 1954, caratterizzata dai grandi mosaici di Myzin che celebrano l’unità russo – ucraina o la stazione Elektrozavodskaya, di impianto sovietico, con bassorilievi raffiguranti operai, contadini e soldati. Un’ operazione di questo tipo si basava molto sulla propaganda e l’eroismo degli operai veniva esaltato su tutti i mezzi di comunicazione di massa.  Durante i primi anni veniva destinato alla costruzione della metro il 21 % del budget annuo della città e nel 1935 vi lavoravano 75000 operai, con cantieri aperti 24 ore al giorno. La stazione Arbatskaja doveva servire invece come stazione della metropolitana e come rifugio antiatomico, non a caso la sua costruzione coincide con gli anni della guerra fredda. Si trova a 41 metri sotto terra e la banchina è di 250 metri. Anche altre città che hanno avuto l’influenza sovietica, come Budapest, presentano stazioni a notevole profondità e ad elevata efficienza. La metropolitana di Mosca fa perciò parte dell’immaginario urbano e ha ispirato anche la letteratura. Il romanzo  “Metro 2033” ,dello scrittore russo Dmitry Glukhovsky, è ambientato proprio nella metro moscovita,  in un futuro apocalittico dove, a seguito di un inverno nucleare , la popolazione sopravvissuta ha trovato rifugio nel dedalo di stazioni del sottosuolo, riorganizzandosi in una società parallela.

Nel periodo fra il 1951 e il 1960 assistiamo ai grandi sforzi per la ricostruzione e nascono gli enormi complessi residenziali, a cui associamo usualmente l’urbanistica sovietica, e soprattutto le “Sette Sorelle”, le sette famose torri volute da Stalin, il “Grande Architetto”. Si tratta di sette “vysotnye zdanija” , o “edifici alti”, come venivano chiamati in opposizione allo “skyscraper” americano, che dovevano portare nel mondo l’immagine di Mosca come esempio di socialismo realizzato contrapposto al capitalismo americano. Le sette torri si dispongono secondo assi ben precisi, a corona intorno ad un ipotetico centro che avrebbe dovuto essere il Palazzo dei Soviet, alto 495 metri, la  cui costruzione ebbe  iniziò nel 1937 ma , con lo scoppio della guerra, venne interrotta e mai più ripresa. In queste torri staliniane abbiamo la materializzazione in architettura del potere e dell’ideologia,in una sorta di utopia socialista, concetto alla base della ricostruzione nel dopoguerra di molte città dell’ Unione Sovietica e dell’ Europa Orientale. Non è un caso che il regalo di Stalin alla Polonia è proprio un edificio di questa tipologia, il famoso Palazzo della Cultura e della Scienza, iniziato nel 1952 e alto 231 metri.

Nel processo di definizione di una immagine nuova per la Russia, aperta ad un capitalismo sfrenato prima sconosciuto, questi elementi del passato sembrano scomparire. La domanda terziaria, residenziale e culturale attuale ha portato a una sperimentazione architettonica notevole, che vai dai nuovissimi grattacieli alle  zone residenziali per élites venate di storicismo, alla riconversione delle aree industriali in grandi progetti immobiliari. Le torri staliniane, in questo nuovo panorama frammentato, rischiano di scomparire , quando invece andrebbe recuperato il loro significato positivo, non quello di un potere totalitario, sicuramente presente, ma quello di un popolo orgoglioso.

Donato de Vivo

Blog : http://megalopolisnow.com/2013/12/22/mosca-dall-urss-alla-nuova-russia/


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