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Meta/ Facebook condannati in tribunale per lo shadowbanning. Una prima mondiale

La società di social media condannata in Belgio per lo Shadow banning di un politico fiammingo

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Meta, la società madre di Facebook, è stata condannata a pagare un risarcimento di 27.000 euro a un legislatore belga di destra per aver ingiustamente limitato la sua portata sulla piattaforma di social media, altrimenti nota come “shadowbanning“.

La Corte d’appello di Anversa si è pronunciata lunedì a favore di Tom Vandendriessche, un deputato europeo in corsa per la rielezione come candidato principale del partito separatista fiammingo Vlaams Belang in Belgio.

Il tribunale ha ritenuto che Facebook avesse ingiustamente censurato l’account di Vandendriessche, che attualmente vanta 234.000 follower, già nel febbraio del 2021 e che non avesse agito “in conformità con il principio di buona fede” e non avesse offerto “sufficienti garanzie procedurali” agli utenti sottoposti a tali misure. Il suo account è stato successivamente bloccato nel maggio dello stesso anno.

Meta ha affermato di aver agito in conformità con le linee guida della comunità e ha accusato il deputato belga di aver pubblicato contenuti inappropriati sulla piattaforma, provocando il blocco.

Vandendriessche era stato informato dal gigante dei social media che il divieto era stato revocato alla fine del 2021, un’affermazione che ha contestato perché, comunque, la sua visibilità , la cosiddetta  portata organica, era rimasta artificialmente bassa.

Su questa seconda accusa però non è stata emessa alcuna sentenza in merito, poiché il tribunale ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti per dimostrare che l’account fosse ancora soggetto a misure negative.

La sentenza ha annullato il tribunale di primo grado, che aveva stabilito che i tribunali belgi non avevano la giurisdizione per decidere sulla questione, e ha portato a un appello al tribunale superiore da parte di Vandendriessche.

In una dichiarazione successiva alla sentenza, il politico del Vlaams Belang ha salutato “una prima vittoria contro le Big Tech”, insistendo sul fatto che “i tecnocrati anonimi non dovrebbero mai dettare ciò che si può dire e ascoltare”.

“Spero che questa sentenza chiarisca a Facebook che non può più censurare me, e molti cittadini con me, senza conseguenze”, ha aggiunto.

Il rimborso è stato pari alle spese sostenute.


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