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LO TSUNAMI DELL’USCITA DEL REGNO UNITO CONTRO UN’UNIONE EUROPEA POCO UMANA di Giuseppe Paccione

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Quando il premier britannico disse che il risultato del referendum sarà definitivo e che, in caso di vittoria del fronte Brexit, si applicherà l’articolo 50 del Trattato UE. Come non detto gli inglesi hanno deciso di esprimere a favore dell’uscita dall’Unione Europea che ormai non funziona più che ha reso poveri molti europei, cagionando le dimissioni del primo Ministro britannico.

Cosa determina il trattato UE sul piano giuridico circa la decisione degli inglesi di dire addio all’UE? Il Trattato UE, ai sensi dell’articolo 50, determina un meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un Paese dall’Unione europea, ciò sta a significare che, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, sostenevano che quando uno Stato diventa parte dell’UE, la sua appartenenza diviene una questione irreversibile, mentre altri consideravano il recesso fattibile. Su quest’ultimo punto, proprio la Corte costituzionale tedesca asserì che gli Stati sono padroni dei trattati, nel senso che, giusto ricordalo, l’Unione Europea non è uno Stato federale, ma semplicemente un’organizzazione internazionale a carattere regionale.

Dopo il risultato del referendum che ha portato alla vittoria di coloro che non volevano essere più parte dell’UE, le autorità del governo inglese avvieranno l’applicazione dell’articolo 50 che determina che il paese dell’UE che decide di recedere, deve notificare tale intenzione al Consiglio europeo, il quale presenta i suoi orientamenti per la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di tale paese. Non solo, ma anche che tale accordo è concluso a nome dell’Unione europea (UE) dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo. Infine, tutti i trattati, firmati dal Regno Unito, cessano di essere applicabili a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o due anni dopo la notifica del recesso. Il Consiglio può decidere di prolungare tale termine. Ergo, la Gran Bretagna ha il pieno diritto di recedere dall’UE ad libitum (a discrezione), anche senza il consenso di quest’ultima o degli altri Stati.

Un punto va posto in risalto e cioè che il referendum voluto in Gran Bretagna è consultivo, ora la palla di decidere spetterà al Parlamento inglese che dovrà sottoscrivere oppure no la volontà del suo popolo.  In linea teorica, il Parlamento inglese potrebbe decidere di non uscire dall’Ue, ma andare contro il volere espresso dagli elettori che non è un’idea razionalmente perseguibile. Il risultato del voto del referendum non è infatti direttamente vincolante. Presumibilmente quindi il parlamento ratificherà l’eventuale decisione popolare a favore della Brexit e inizierà la procedura di uscita. Ci vorranno almeno due anni di negoziati, come già ho detto, durante i quali il Regno Unito rimarrà ancora parte dell’Ue ma solo in maniera formale.

Ma ci si chiede ora quali saranno gli scenari futuri per la stessa Gran Bretagna, ora che il popolo di sua Maestà ha voltato le spalle all’UE. Si dibattono degli scenari alternativi fra il Regno Unito e l’Unione Europea. Il sistema a cui si guarda con interesse è quello della Norvegia, che vedrebbe l’adesione della Gran Bretagna nello Spazio Economico Europeo che nacque il 1º gennaio 1994 in seguito a un accordo (firmato il 2 maggio 1992) tra l’Associazione Europea di Libero Scambio (AELS) e l’Unione europea con lo scopo di permettere ai paesi AELS di partecipare al Mercato Europeo Comune senza dover essere membri dell’Unione, di cui fanno parte l’Islanda, la Norvegia e il Liechtenstein. Cosa accadrebbe? Permetterebbe alla Gran Bretagna di poter beneficiare di molti vantaggi connessi all’accesso al mercato unico europeo, che sono fondamentali per le imprese che sono presenti sul territorio britannico.

Questo modello presenta alcune tipologie problematici, nel senso che gli Stati non parti dell’UE, ma dello Spazio Economico Europeo devono accettare la legislazione delle istituzioni europee in determinati settori legati al mercato unico e assicurare la libera circolazione e soggiorno dei cittadini europei. Oppure, la Gran Bretagna potrebbe avviare un negoziato per un accordo bilaterale con le istituzioni dell’UE. Si rammenti la federazione elvetica che ha concluso dei trattati che la posizionano a quella della Norvegia. Chiaramente, dopo che è stata data l’opportunità ai cittadini svizzeri di esprimersi con un referendum del 2014, questo modello ha subito una profonda crisi a causa dell’introduzione di quote per il soggiorno di cittadini dell’Unione Europea. Ancora, è possibile negoziare un mero accordo di libero commercio con l’Unione Europea, come quello, ad esempio, con il Canada.

Mi permetto in conclusione di sottolineare la causa del disagio del popolo inglese quando la Gran Bretagna aderì nel lontano 1973 del secolo scorso alla Comunità economica europea dopo molti anni di negoziato con lo scopo di essere parte di un esperimento a cui, inizialmente, non si era fidata, ma che stava avendo ripercussioni positive; di godere di un ampio mercato senza barriere doganali e, infine, entrare nella libera circolazione europea dei capitali. Quest’ultimo scopo era importante per la Gran Bretagna con il fine di immergere nel mercato unificato europeo la immensa mole della moneta inglese, la sterlina, che era ancora in circolazione nel mondo dopo che la sterlina non aveva più il suo ruolo di moneta di riserva e, ovviamente, quello di prima economia mondiale.

Il popolo britannico, da allora, non si sono mai trovai al loro agio nella Comunità economica europea (oggi UE), a causa della troppa leadership da parte della Francia, come pure la esagerata regolamentazione della Germania e così via.  Non solo, si aggiunga che il popolo inglese ha manifestato sempre meno soddisfazione circa gli sviluppi verso nuove forme di integrazione sovranazionale, del tutto contrarie al senso inglese di indipendenza e sovranità, così hanno periodicamente riveduto i vari negoziati sulla loro partecipazione al disegno europeo a ogni livello del suo avanzamento. Ora, con questo referendum, l’Unione Europea rischia l’effetto domino che potrebbe portare alla disintegrazione di questa UE poco umana e più interessata al capitale ovvero attaccato al dio danaro che è considerata la radice di tutti i mali

Giuseppe Paccione


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