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LETTERA AI COMMERCIALISTI: E’ UN MOMENTO STORICO PER SALVARE IL PAESE. (di Silverio De Angeli)

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Carissimi Colleghi,

riflettendo sulla nostra professione e sull’attuale situazione economica e sociale che ci troviamo ad affrontare mi sono trovato a ragionare sulla veridicità o meno di un’affermazione: difendere la professione significa contribuire alla crescita del nostro Paese?

A me sembrerebbe vero l’esatto contrario. Siamo, cioè, noi commercialisti che, presi anche singolarmente e non necessariamente come categoria, possiamo (mi vien da dire: dobbiamo), contribuire alla crescita del Paese e, con questo, non tanto difendere la professione, ma aumentarne il prestigio e l’apprezzamento da parte di chiunque.

Inoltre: da chi o da cosa dobbiamo “difendere la professione”? Visto che di esclusive non ne abbiamo e, in nome della tanto conclamata “liberalizzazione”, abbiamo anche perduto quel minimo di dignità che ci consentiva l’applicazione delle abrogate tariffe professionali: al riguardo mi viene da dire che più che “difendere”, dobbiamo “attaccare” per ottenere il giusto riconoscimento del reale valore della nostra professione.

Non è un gioco di parole e neppure un discorso politico: il Paese si trova in una crisi che si aggrava giorno dopo giorno e ritengo che sia preciso e specifico compito di tutti quanti noi commercialisti, quali appartenenti all’unica categoria professionale italiana giuridicamente titolata a conoscere delle dinamiche economiche, finanziarie e monetarie dei mercati, spiegare al Paese stesso che tale crisi non ha nulla di naturale ma che è figlia soltanto delle politiche ultraliberiste imposte dalla comunità europea nonché dell’illegittima e suicida cessione della nostra sovranità monetaria in favore della Banca Centrale Europea.

Possiamo (e dobbiamo) contribuire alla crescita del nostro Paese. Per fare ciò, è però necessario aggiornare le nostre competenze professionali attraverso una formazione che abbracci anche tematiche macroeconomiche e monetarie. Soltanto così possiamo dimostrare una professionalità coerente con il ruolo che ricopriamo nel tessuto economico nazionale e, con questo, difendere, concretamente, la professione stessa affermando un primato che, per formazione tecnica e concreta esperienza, ci appartiene di diritto. Solo così, inoltre, possiamo scrollarci di dosso l’immagine di appartenere ad una “classe privilegiata”, immagine che deriva dalla mancanza, a livello generale e, comunque, verticistico, di un qualsiasi giudizio critico nei confronti di una utopistica ideologia “neoliberista” (altrimenti detta anche “ordoliberista”) che sta letteralmente strangolando gli artigiani, i commercianti indipendenti, i liberi professionisti (fra i quali anche la grande maggioranza di tutti noi, chi più e chi meno) ed i titolari di piccole e medie imprese i cui gesti di disperazione estrema (tra il 2012 ed il 2015 si sono registrati 628 casi di suicidio per motivi economici) non fanno, purtroppo, neanche più notizia.

Le sorti del Paese sono nelle nostre mani perché soltanto la categoria professionale dei commercialisti può vantare una specifica formazione in materia economica, finanziaria e monetaria ed il Paese si aspetta proprio da noi, più che da chiunque altro, esaurienti risposte sul perché della crisi e sul come uscirne: soltanto noi, infatti, al di là di ogni colorazione politica, abbiamo la necessaria autorevolezza e competenza tecnica per spiegare al Paese gli effetti dell’adozione della moneta unica ed i reali obbiettivi dell’utopistica ideologia neoliberista che, al di là del nome, mira soltanto (e con ogni mezzo) a smantellare lo Stato (in quanto controllore dei mercati), fino alla sua completa eliminazione, a cancellarne, via via, i principi costituzionali e, conseguentemente, a sopprimervi ogni forma di democrazia rappresentativa, per concentrare ricchezza e potere nelle mani di pochissimi oligarchi a danno del resto della popolazione che, via via spogliata di ogni suo avere, sarà ridotta in totale povertà.

Detto in altri termini, in questo preciso momento storico, noi commercialisti abbiamo un potere unico ed incommensurabile per guidare il Paese fuori dall’attuale situazione di crisi, potere del quale la maggior parte di noi non ha ancora preso minima coscienza, perché relegata, il più delle volte, a svolgere funzioni meramente esecutive nel contesto della farraginosa produzione normativa che sembra essere figlia di una vera e propria strategia della distrazione piuttosto che della (e da sempre) conclamata semplificazione.

Occorre perciò aprire un dibattito sui temi che sono veramente in grado di qualificare la nostra immagine e l’immagine dell’intera nostra categoria in una prospettiva che interessa ancor più da vicino i giovani commercialisti che risultano essere i più danneggiati dall’attuale situazione di crisi.

 


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