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La tensione Est Ovest riporta i giochi di guerra: che accade se una potenza nucleare attacca un paese non nucleare?

In teoria l’asimmetria strategica viene a causare la pericolosissima situazione in cui, in teoria, un attacco nucleare tattico ad un paese alleato, ma non dotato di armi nucleari, viene a portare a una situazione di equilibrio che non conduce a una guerra nucleare con mutua distruzione. Una teoria che incentiva all’uso delle armi nucleari, con conseguenze incerte

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La tensione alle stelle fa NATO e Russia riporta ai tristi tempi della Guerra Fredda, quando John Nash elaborò la sua Teoria dei Giochi proprio per rispondere a ipotesi di conflitto  nucleare di mutua distruzione. Un momento che si pensava fosse superato, ma l’uomo dimentica la storia, e quindi è destinato a ripeterla.

Vogliamo parlarvi di un interessante articolo del ricercatore finalndese Toumas Malinen intitolato “Asimmetia strategica nel modello  della teoria dei giochi di un primo attacco nucleare”, in cui il ricercatore vuole analizzare se è possibile conseguire un vantaggio strategico per chi effettua il primo attacco  tattico in una guerra nucleare  che coinvolga superpotenze nucleari e paesi non dotati di armi nucleari.

L’articolo scientifico in questione affronta una tematica di scottante attualità e profonda preoccupazione: l’impatto delle armi nucleari tattiche, ossia ordigni nucleari di potenza ridotta progettati per un utilizzo circoscritto al campo di battaglia, nel contesto di guerre per procura combattute tra potenze nucleari. La domanda è se è possibile conseguire un vantaggio strategico, prevedibile tramite la toria dei giochi, evitando la Reciproca Distruzione Assicurata (Mutually Assured Destruction, MAD).

L’autore, attraverso un modello matematico basato sulla teoria dei giochi, si propone di analizzare gli equilibri strategici che emergono in scenari in cui una potenza nucleare decide di impiegare armi nucleari tattiche contro un alleato non nucleare dell’altra potenza nucleare.

La domanda cruciale che l’autore si pone è la seguente: un’azione di questo tipo scatenerebbe una rappresaglia nucleare su vasta scala, innescando una devastante guerra nucleare totale?

Il modello elaborato dall’autore suggerisce una risposta che non può che destare inquietudine: l’introduzione di armi nucleari tattiche nel panorama geopolitico crea una pericolosa asimmetria strategica. Una potenza nucleare potrebbe essere indotta a sferrare un primo attacco nucleare tattico, calcolando che l’altra potenza nucleare esiterebbe a rispondere con un massiccio attacco nucleare strategico, nel timore di provocare una catastrofica guerra nucleare totale.

Questo scenario conduce a quello che, nel linguaggio della teoria dei giochi, viene definito un equilibrio di Nash, dal nome del matematico premio Nobel John Nash:  una situazione in cui nessun giocatore ha alcun incentivo a modificare la propria strategia, considerando le strategie adottate dagli altri giocatori. In questo specifico contesto, la potenza che sferra il primo attacco nucleare tattico ottiene un vantaggio, seppur effimero e carico di conseguenze potenzialmente disastrose, mentre l’altra potenza, pur subendo una sconfitta tattica, riesce ad evitare l’escalation verso una guerra nucleare totale, quindi alla repirpoca distruzione, evitando di rispondere e quindi di portare automaticamente a un MAD. La predita del MAD è superiore alla perdita subita dall’alleato colpito. Un calcolo freddo, ma realistico. 

Come negli anni cinquanta vedevano l’uso di armi nucleari tattiche sul campo di battaglia, con l’uso di un cannone nucleare M-65 da 280 mm

Una teoria che potrebbe non essere la pratica

L’equilibrio di Nash, seppur rappresenti una sorta di stabilità strategica, cela un pericolo insidioso. L’autore sottolinea con forza che, sebbene un primo attacco nucleare tattico potrebbe non condurre immediatamente a una guerra nucleare totale, esso accresce in modo significativo il rischio di una guerra nucleare nel lungo periodo. Abbassando la soglia per l’utilizzo di armi nucleari, un simile attacco potrebbe erodere la deterrenza nucleare, rendendo più probabile il ricorso a tali armi in futuri conflitti, anche per motivi meno gravi. Si scongelerebbe l’uso dell’arma tattica nell’ipotesi che comunque la controparte non rispinderebbe elevando il conflitto. 

Per quanto concerne la probabilità effettiva di una guerra nucleare, l’articolo non fornisce una stima quantitativa precisa. Tuttavia, l’autore lancia un monito inequivocabile: il rischio di una guerra nucleare è in aumento a causa della proliferazione di armi nucleari tattiche e dell’acuirsi delle tensioni geopolitiche a livello globale.

L’equilibrio di Nash, lungi dall’essere una soluzione rassicurante, rappresenta un precario equilibrio sul baratro di un conflitto nucleare, ricordandoci l’urgenza di perseguire la via del dialogo e della cooperazione internazionale per scongiurare una catastrofe di proporzioni inimmaginabili. La razionalità di questo equilibrio potrebbe facilmente essere superata dall’irrazionalità delle decisioni dei politici, da un lato, e dalla necessità comunque di mantenere una dissuasione forte , dalla’ltro. Il MAD sarebbe comunque dietro l’angolo.


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