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In risposta a Ferruccio De Bortoli circa lo scarso senso civico degli italiani

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 Graziano Fresiello risponde a Ferruccio De Bortoli

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Sono un giovane italiano, sulla trentina, uno di quelli per cui lo stato spende un sacco di soldi per formare (in realtà non che la mia famiglia ne abbia spesi meno, considerando tasse universitarie e spese vive per frequentare i corsi) e che appena pronto ad immettersi nel mondo del lavoro si ritrova  nella sfortuna di vivere in questo tempo e in questo luogo, il Meridione. In pratica sono uno di quei tanti giovani che, non appena formato, dovrà necessariamente partire verso altre nazioni, alla cui ricchezza noi italiani già altre volte in passato abbiamo fortemente contribuito.

Scrivo al direttore in quanto ho avuto modo di imbattermi nell’articolo di Ferruccio De Bortoli in cui questi proponeva l’intervento della Troika in Italia data la “disaffezione” dei cittadini verso la partecipazione democratica al voto e ho sentito doveroso rispondere a nome di tutti coloro che, come me, si sentono chiamati in causa; coloro che, ancora una volta, si sentono offesi oltremodo e si ritrovano non solo senza speranza verso il futuro ma anche senza una voce che li difenda.

Trovo questa provocazione assolutamente superficiale, sintomo di una vera e propria distanza tra quello che è il sentimento diffuso dei cittadini verso alcuni temi fondamentali e quello che viene percepito dalla intellighenzia “universale” italiana.

Tenuto conto che alle ultime elezioni europee, rispetto a quelle del 2009, hanno partecipato circa 3 milioni di cittadini in meno, questo elemento (dopotutto scarsamente sottolineato nelle analisi politiche delle varie redazioni) può sembrare, in prima battuta, scarso senso civico. Tuttavia, se vogliamo comprendere le reali ragioni che hanno condotto gli elettori a questo atteggiamento, dobbiamo contestualizzarlo nel tempo e nel luogo in cui questo è avvenuto.

Nello specifico, questo è accaduto in una nazione che costituisce parte integrante di un sistema ad essa sovraordinato, l’Unione Economica e Monetaria (UEM), la quale è stata costruita attraverso metodi scarsamente democratici.

Per quanto riguarda l’Unione, bisogna rilevare che ogni qualvolta gli elettori di qualche nazione si sono espressi con parere contrario nei suoi confronti, essa non ha tenuto minimamente conto del volere popolare. Da ultima la beffa del Presidente della Commissione che è stato spacciato come “elettivo” in campagna elettorale e che, a quanto sembra, sarà ancora una volta “nominato”. Inoltre si è macchiata di pesanti responsabilità nei confronti delle popolazioni del popolo Greco, accettando l’ingresso nell’eurosistema di una nazione con i conti “truccati” e pertanto non in grado di sopportare gli stringenti parametri dell’eurozona. Ancora, si è caricata di ulteriori responsabilità nei confronti dei sistemi bancari delle nazioni periferiche che, a causa della moneta unica e dell’eurosistema, si sono trovate enormemente indebitate nei confronti delle nazioni centrali del Nord nel momento dello scoppio della bolla immobiliare americana, cui si può rimproverare soltanto di aver messo in luce squilibri preesistenti, la cui causa va ricercata e trovata esclusivamente nella natura insostenibile di una moneta unica applicata ad un’area valutaria non ottimale. Inoltre, ha ideato delle soluzioni per risolvere la crisi europea non ispirate ai principi di solidarietà o di collaborazione, ma esclusivamente a principi competitivi, repressivi o pesantemente sanzionatori, portando alla distruzione dei sistemi di protezione sociali europei annoverabili tra i migliori del mondo. Infine, ha ideato l’abominio più assoluto che è proprio la Troika, gruppo di potere che ha richiesto ed ottenuto che si facesse macelleria sociale in Grecia, che ha imposto ai correntisti ciprioti di pagare per responsabilità esclusive degli istituti bancari, e che ha avuto l’ardore di ideare un mostro come l’ERF (European Redemption Fund), nel quale dovremmo mettere a garanzia del debito, per la parte eccedente il 60% in rapporto al PIL, i nostri monumenti storici ed artistici. Immaginare il Partenone in mano a dei burocrati induce ribrezzo.

Per quanto riguarda la politica nazionale, invece, vanno sottolineati soprattutto due aspetti: il primo è che ogni opera pubblica di una certa rilevanza degli ultimi 10 anni è stata caratterizzata da scandali di corruzione che hanno coinvolto gran parte della classe politica; il secondo è che proprio quella classe politica, che agli occhi dei cittadini appare corrotta, si è rivelata oltretutto inadeguata nel difendere gli interessi italiani in campo internazionale, con riferimento allo strapotere tedesco e all’adozione incondizionata al Fiscal Compact prima e all’inserimento dell’obbligo di perseguire il pareggio di bilancio in Costituzione poi.

Nello scenario politico, è da rilevare che nessun partito italiano ha saputo, o voluto, alternativamente, incarnare il sentimento anti euro. E’ pur vero che alcuni ci hanno provato, ma la loro mossa è stata più opportunistica che vera ed organica, tanto che non sono riusciti ad intercettare il voto di coloro che, convintamente, avrebbero avuto il diritto di vedersi rappresentati da un partito che basasse le proprie idee di politica economica su tradizioni economiche alternative a quella dominante liberoscambista.

A questa inadeguatezza dell’intera classe politica, appiattita sul pensiero unico globale ed impreparata alle sfide attuali, fanno da risonanza i principali mezzi di comunicazione di massa. Quello che colpisce, e che fa gran rumore, è l’appiattimento totale dei media sulle posizioni monetariste e neoclassiche, senza tenere per nulla in conto le diverse teorie eterodosse post-keynesiane, tra le quali la Modern Monetary Theory che è quella che sta suscitando più fermento da alcuni anni a questa parte.

Il ruolo dell’informazione non è quella di stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma quello di fornire tutti gli elementi necessari ai destinatari per poter elaborare liberamente una propria convinzione. Da questo punto di vista la rete (per fortuna, anche se credo che ancora per poco tempo) offre molto più pluralismo dei media tradizionali.

Fatti questi rilievi a De Bortoli rispondo che tanti, molti, troppi italiani hanno scelto di non votare alle elezioni europee perché non rappresentati da alcun partito politico, essendo questi tutti allineati al pensiero dominante. Certo, nei casi in cui non ci sente rappresentati si potrebbe (o dovrebbe) votare scheda bianca, salvo però legittimare l’istituzione internazionale, l’Unione Europea, che quegli stessi cittadini non volevano affatto legittimare in quanto non richiesta, non voluta, non democratica, arrogante e dominatrice.

Per quanto riguarda, invece, la tornata elettorale relativa ai ballottaggi, a mio avviso, la causa della “disaffezione” è strettamente collegata alle politiche di austerità, in quanto i sindaci hanno perso il loro ruolo di potere all’interno della comunità da quando sono stati relegati a svolgere il ruolo di meri esattori statali.

In questa “disaffezione” anche i media e gli intellettuali dovrebbero fare mea culpa per non aver mai, almeno fino ad oggi, rappresentato una voce alternativa a quella che proviene dal mainstream politico ed economico che al grido di “più austerità, più Europa” puntano ad immolare intere generazioni in nome del mercato e della finanza.

Stia tranquillo De Bortoli, il fatto di non votare non significa affatto che non si abbiano a cuore le sorti della propria nazione o che si sia peggiori cittadini, in quanto spesso proprio i cittadini che non hanno votato, e questo lo posso affermare con certezza, sono coloro che ogni giorno si informano, studiano, diffondo e fanno rete per puro senso civico e per puro spirito politico, senza compenso e senza tornaconto, cosa alquanto rara nelle stanze dei bottoni.

 

Graziano Fresiello


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