Seguici su

Economia

Il grande inganno neoliberista

Pubblicato

il

Il neoliberismo si presenta come una scienza immanente, una teoria del tutto, con una forza carismatica propria di una religione, o meglio di una setta.

Partiamo da un acronimo, MPS, ma non per parlare dello sciagurato ed ennesimo fallimento bancario, ma piuttosto del fenomeno complesso che lo ha generato. Mps è l’abbreviazione di Mont Pelerin Society, che prende il suo nome da un’amena e tranquilla località montana della Svizzera, dove nel 1947 l’illustre economista Friedrich von Hayek ha dato vita a “uno dei più potenti corpi di conoscenza della nostra epoca”. Non un normale gruppo di interesse o di lobbisti, ma un vero progetto di dominio sociale e culturale che, partendo da un gruppo iniziale di 38 partecipanti, ha conquistato l’intero continente e la storia.

Il neoliberismo si presenta come una scienza immanente, una teoria del tutto, con una forza carismatica propria di una religione, o meglio di una setta. Il pilastro su cui si basa è quello, noto a tutti, dell’economia neoclassica: l’aumento costante e continuo del Pil degli Stati, alimentato da una crescita incessante dei consumi, a sua volta sostenuta da sempre nuovi bisogni. Perché questo meccanismo si tenga in vita, è necessaria una massiccia dose di propaganda di massa, affinché la gente sia sempre indotta a comprare. Ma come ha preso piede questo meccanismo perverso, che una volta avviato ha assorbito l’intero modello sociale? Mentre in America il modello consumistico si è affermato già nel dopoguerra, per far fronte all’eccesso di produzione immesso dall’industria bellica, nel Vecchio Continente, e in particolare in Italia, gli anni Settanta sono stati lo sfondo di grandi battaglie sociali e di rivendicazione dei diritti umani, in primis quelle dei lavoratori per ottenere maggiori tutele e riconoscimenti. Movimenti di protesta sociale per gettare le basi di un’economia, una politica, una cultura migliori perché più umani. Poi, la grande inversione di marcia: l’americanismo prende piede, la cultura del self-made man americano si afferma e con essa la rincorsa al successo, al riscatto sociale, all’affermazione lavorativa ad ogni costo. Una perversione dell’affermazione dell’individuo e del suo bisogno di riconoscimento, ben sintetizzata nell’obamiano “Yes, we can”. L’uomo può tutto – basta darsi da fare e lavorare sodo, ce lo dicono i film americani – e il possesso di beni sempre nuovi, il loro consumo smodato, basta a renderci felici.

Le contingenze economiche favorevoli non fanno che alimentare questa fiducia sconfinata nella bontà del modello di consumo e l’Italia in quegli anni è una delle maggiori potenze produttive mondiali. È in questo contesto spensierato e di crescita che il virus letale del neoliberismo attecchisce. Nel clima di fiducia globale le forze neoliberiste seducono e ingannano le nostre classi politiche e industriali, per mezzo del potere che solo la scienza economica è in grado di esercitare. L’escamotage è diabolico e infallibile: la Destra si traveste da Sinistra, e sotto le vesti della modernizzazione, avviene rapidamente la liberalizzazione di flussi di merci e di persone, l’apertura incontrollata dei mercati globali e l’accelerazione di quel processo d’integrazione europea che depaupera gli Stati della propria sovranità. Il senso di coesione sociale e d’interesse comune vengono messi in secondo piano per lasciare la scena alla liberalizzazione economica incontrollata e al raggiungimento dell’unione monetaria europea. La lotta all’inflazione e al debito pubblico divengono presto i nuovi dogmi delle economie europee, a scapito del benessere reale dei Paesi. Improvvisamente, le popolazioni si ritrovano a fare i conti con bilanci pubblici che richiedono l’assoluto, quanto irrealistico, pareggio del bilancio.

Politiche di austerity e (s)vendite di asset pubblici strutturali diventano rapidamente le uniche leve economiche a disposizione dei Paesi per gestire le proprie economie, improvvisamente precipitate nel baratro. I cittadini, ormai risucchiati nel vortice “consumo-produco-necessito”, non hanno modo di rendersi conto di cosa stia avvenendo e accettano ignari, con senso di abnegazione e inevitabilità della pena. Nello stesso tempo, alimentato dal debito, si impone un sistema finanziario e creditizio ipertrofico e autoreferenziale, che nulla produce e tutto distrugge. L’enorme carico di titoli spazzatura, crediti deteriorati e sofferenze prodotti da questo sistema perverso – si stima che sia pari a circa 50 volte il Pil mondiale!- è mascherato in debito pubblico, a carico quindi dei cittadini. Le banche nazionali non hanno più la possibilità di emettere moneta, avendo rinunciato alla loro sovranità monetaria a favore della BCE, e l’onere di ripagarlo è completamente a carico dei lavoratori, sempre più deboli e privi di tutele.

Il grande inganno neoliberista non fa sconti, ma le élite finanziarie sempre più ricche e potenti generano un aumento dei flussi finanziari a livello globale, che si alimentano dei debiti e non producono benessere reale, ma tanto basta perché il sistema trovi la sua ragione d’essere.

 

di Ilaria Bifarini   (da ID)


Telegram
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

⇒ Iscrivetevi subito