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Il grande assente in Italia: il partito sovranista nazionale Di Paolo Becchi e Cesare Sacchetti

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Il Quotidiano Libero è l’unico nel panorama nazionale che ha sposato la linea sovranista e apertamente sostiene il fallimento dell’Unione Europea e dell’euro. Manca un forte partito nazionale che porti avanti politicamente la necessità di ritornare alla Sovranità nazionale uscendo dalla UE e dalla moneta unica anche se ultimamente è nato il movimento Alternativa per l’Italia che con l’adesione della senatrice Paola De Pin è già rappresentato in Parlamento. Pubblichiamo l’articolo apparso su Libero in data odierna a firma Paolo Becchi e Cesare Sacchetti.

In Europa e negli Stati Uniti sono sorti dei grandi partiti nazionali e dei leader che stanno interpretando al meglio quello spirito di cambiamento che i popoli chiedono alla politica. Quella “voglia di nazioni” della quale abbiamo parlato sulle pagine di questo giornale in più di un’occasione sta trovando piena rappresentanza nel fenomeno Trump negli Stati Uniti, in Francia con il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, in Germania con Alternative für Deutschland, in Austria con il FPO di Hofer e in Ungheria con il partito Fidesz di Orban. Se i lettori più attenti e più temerari sfoglieranno le pagine dei quotidiani mainstream, vedranno ricorrere l’espressione “movimenti populisti” nel tentativo di mettere questo nuovo fenomeno politico nella categoria degli estremisti revanscisti di destra estrema, portatori, secondo la lettura“politically correct”, di pericolosi ritorni al passato dei nazionalismi europei. La realtà è ben diversa. Siamo di fronte ad un fenomeno di movimenti popolari che hanno superato le tradizionali categorie di destra e sinistra, e fanno della trasversalità la loro caratteristica principale. Si guardi al FN di Le Pen, in grado di riscuotere simpatie e consensi persino nell’elettorato comunista francese, o a Trump che attrae verso di sé gli elettori socialisti di Sanders del tutto refrattari all’idea di votare Hillary Clinton, così vicina alle lobby finanziarie che Bernie ha dichiarato di voler combattere.
E l’Italia? In questi casi se usassimo il linguaggio del giornalismo tradizionale, potremmo dire che il partito sovranista è il convitato di pietra. Stando ad un sondaggio di Ipsos Mori pubblicato recentemente, il 58% degli italiani vuole un referendum per uscire dall’UE. Ed è alquanto comprensibile se si guarda alla fotografia socio-economica dell’Italia: secondo l’Eurostat i dati reali della disoccupazione arrivano a cifre del 30% mentre la deflazione continua a sprofondare sempre più in basso. Nonostante la domanda di sovranità e indipendenza dall’UE continui a crescere larga parte di questa domanda resta insoddisfatta. Non ci sono partiti che ufficialmente si facciano portatori, se non con qualche eccezione e con evidenti limiti sui quali torneremo in seguito, di queste voci. Forza Italia, con la probabile leadership di Parisi, si candida in tutto e per tutto ad essere un partito omologo al PD renziano, alla ricerca esasperata di un moderatismo oramai divenuto comodo escamotage per lasciare tutto così com’è. Se l’elettorato moderato esiste ancora, o non vota oppure ha trovato rifugio nelle braccia di Renzi. E il partito liberal-popolare guarda al passato, d è privo di una visione politica nazionale, privo di una critica verso UE e moneta unica. Alla copia, insomma, l’elettore preferisce l’originale.
Qualcuno potrà dire che era così anche prima, ma la differenza di fondo sta nel fatto che all’UE qualche attacco veniva lanciato da FI, ora invece giungono solo rassicuranti dichiarazioni di condanna nei confronti dei “populismi”. Né riesce a dare piena rappresentanza in questo la Lega Nord di Salvini, che sembra essere giunta al culmine massimo dei voti che poteva raccogliere nella campagna anti-immigrazione, condivisibile su alcuni aspetti ma insufficiente per raggiungere quel bacino sovranista privo di rappresentanza, soprattutto nel Meridione territorio ancora ostile per il segretario leghista. In questo senso poi è da segnalare come il nuovo corso di Salvini abbia suscitato forti mal di pancia dalle parti dell’ala maroniana che non ne vuole sapere di uscire dall’euro e dall’UE, e preferisce piuttosto tornare ai vecchi cavalli di battaglia della Padania libera e del federalismo fiscale. Il merito indiscusso di Salvini è stato quello di risollevare le sorti di un partito sceso alla soglia del 3% dopo la sequela di scandali collezionati da quella vecchia classe dirigente che aveva fatto della lotta alla corruzione il suo cavallo di battaglia e si è trovata invischiata nelle spese della famiglia Bossi e negli investimenti dei diamanti in Tanzania. Ora però tutto questo non è più sufficiente.
Per lanciare la Lega sul piano nazionale, il segretario deve essere pronto a lasciare il partito e il suo logo alla vecchia guardia maroniana. Il simbolo della Lega Nord in mano a Maroni e Bossi è ormai usurato e riporta alla mente il partito degli scandali, mentre Salvini trasferirebbe il patrimonio accumulato in questi due anni in un nuovo soggetto strutturato non più su una classe dirigente del Nord calata nel contesto romano, come è attualmente con Centinaio coordinatore del Lazio. E si potrebbero fare altri esempi. Se non ci sarà questa svolta da partito regionale a partito nazionale, da Lega Nord a Lega d’Italia, a giocarsi la partita saranno il PD e il M5S di Di Maio, entrambi in linea con Bruxelles. E Parisi potrà fare ben poco. C’è una grande occasione per fondare un partito sovranista italiano, ma nessuno sembra voler salire a bordo di questo treno. Per fortuna che almeno in giornale sovranista c’è: Libero.


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