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Dati sul lavoro: Più occupazione precaria crea più disoccupazione.

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precari

Il dato odierno dell’Istat  indicante l’occupazione in lieve aumento al + 0.5% su base annua e la disoccupazione giovanile in calo attestandosi sotto quota 43% sta a significare che precarizzando ancora di più il lavoro, si possono in teoria registrare degli effetti “positivi” occupazionali ma solo nel breve periodo, ad esempio, assunzioni stagionali.
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Ciò è confermato dal fatto che il tasso classico di disoccupazione è in aumento, passando dal 12,5% al 12,6% da agosto a settembre.
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Questi tre dati, ovvero aumento disoccupazione seguito da aumento occupazione e calo della disoccupazione giovanile, sembrerebbero contrastanti, ma in realtà seguono la logica descritta prima, ovvero  che un aumento dell’occupazione precaria crea disoccupazione.
I giovani neo assunti (stagionali) quando perderanno il posto andranno nel computo dei disoccupati, mentre al lor posto verranno assunti altri giovani che faranno aumentare di poco l’occupazione ovviamente quella precaria.
Se questa tendenza dovesse confermare nel medio e lungo periodo, assisteremo ad un rovesciamento del modello lavorativo, in cui il lavoro non precario si ridurrà, portando ad un aumento della disoccupazione, per essere rimpiazzato dall’aumento dell’occupazione sotto il regime della precarietà e “flessibilità”.
Questa politica del lavoro basata su un aumento dell’occupazione precaria seguita da aumento della disoccupazione, risulta essere il metodo principale per recuperare competitività estera in assenza della flessibilità dei cambi.
Tale politica occupazionale nel medio e lungo periodo si rivelerà anzi già si sta già rivelando controproducente per tutto il continente in termini di consumi e tassi di inflazione negativi con tutti i problemi annessi e connessi a partire dalla sostenibilità dei debiti.


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