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COSA STA SUCCEDENDO NELLA SCUOLA? di Suor Anna Monia Alfieri

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Negli ultimi due anni si sono abbattute sulle famiglie e sul personale docente della scuola pubblica, statale e paritaria, una serie di calamità/novità che il Paese fatica a metabolizzare. La legge 107/15, preceduta dall’ampia consultazione, che profumava di novità in quanto il cittadino si era sentito in qualche modo partecipe della “cosa pubblica”, aveva fatto nascere grandi speranze. En attendant Godot. E’ chiaro che non si intende negare l’importanza di questa legge e lo scopo fondamentale che l’ha ispirata: migliorare la scuola pubblica tutta – pena l’affondamento della Nazione in un mare magnum di ignoranza e degrado – partendo da chi ne rappresenta la maggiore ricchezza: i docenti. Riguardo alla natura della scuola pubblica, la legge parla chiaro: in Italia la scuola pubblica è statale e paritaria. Il principio – già espresso dalla L. 62/2000 – è salvato e ribadito. Soltanto. Perché, lo sappiamo, in Italia va così: i principi sono affermati, ma rimangono principi, non vengono poi attuati. Manca il passaggio finale.

Ci sono le leggi ma poi…un po’ come le grida dell’Azzeccagarbugli… non ci siamo poi mossi di molto… Come al solito sono stati gli interessi di parte a prevalere sulle buone intenzioni e a danneggiare la stessa scuola statale. Perché, diciamolo subito: anche i coraggiosi dirigenti scolastici delle scuole statali si sono visti recapitare pacchetti-docenti non richiesti o non corrispondenti alle richieste, stile “eBay impazzito”, che spesso hanno stazionato un intero anno in sala professori a fare i tappabuchi nel migliore dei casi, altrimenti a non far nulla, a rischio di depressione. Per non parlare della continuità didattica, auspicata dai docenti, rivendicata dai genitori e negata ai ragazzi … Forse si poteva prevedere che, a monte, la migrazione dei docenti colpisse duramente, come è stato, le pubbliche paritarie, al punto che un intelligente dirigente del MIUR, attento al mondo della scuola pubblica tutta, statale e paritaria, ha affermato, con dispiacere e imbarazzo: “Vi svuoteremo le paritarie”. Il che, in termini economici, si potrebbe tradurre con: “Le paritarie moriranno per asfissìa e lo Stato avrà un aggravio di spesa annua di oltre 6 miliardi di euro”.

Ma entriamo in medias res. Che cosa è successo alla scuola pubblica, paritaria e statale, negli ultimi due anni? A luglio 2015 è stata estratta dalle GAE (le malefiche Graduatorie Ad Esaurimento: una inesauribile fonte di ingiustizia e l’ammortizzatore sociale più nefando che la storia della repubblica italiana abbia conosciuto… a danno di tutto il corpo docente) una prima tornata di docenti che sono entrati in ruolo e hanno avuto effettivamente una cattedra. Docenti formati da almeno dieci anni in scuole paritarie serie ed efficienti sono andati ad arricchire professionalmente i collegi della scuola statale (testuali parole di molti dirigenti di scuola statale). Addirittura inseriti in consigli di classe allo sbando, per cercare i tenere insieme i pezzi… Nota a margine (ma neanche tanto): ci si può domandare come mai quei bravi docenti, assolutamente soddisfatti del lavoro che svolgevano nella scuola pubblica paritaria, stimati dai genitori e dagli alunni per la serietà e la competenza, abbiano accettato la cattedra nella scuola pubblica statale…

Semplice: in Italia non esiste la libertà di insegnamento, come in Francia, dove un docente può liberamente scegliere di insegnare nella scuola pubblica statale o nella scuola pubblica paritaria, allo stesso livello remunerativo. I nostri vicini d’Oltralpe avranno molti difetti, ma là la famiglia è libera di scegliere la scuola in un pluralismo formativo e il docente pure. Sotto il controllo dello Stato e con un effettivo risparmio per la collettività.

Successivamente è iniziata una seconda fase di assunzioni culminata a ottobre 2015, quando un’altra infornata di docenti è confluita in quello che sarebbe dovuto diventare l’organico di potenziamento (valore evocativo delle parole!!!) ma che nella realtà dei fatti si è risolto frequentemente nel famoso parcheggio in sala professori di cui si diceva sopra, nella malinconica attesa che il docente titolare di cattedra si ammalasse per poter tornare a fare qualche ora di lezione.

Ultimo colpo alla scuola pubblica statale e paritaria: il “concorsone”, le cui tempistiche preannunciate non sono state minimamente rispettate e gli esiti delle prove scritte stanno uscendo all’alba dell’8 agosto, quando il tutto (prove scritte e orali) si sarebbe dovuto chiudere entro fine luglio. Tra le cause di questo scempio burocratico, la difficoltà a formare le commissioni e lo scioglimento di quelle formate, allorchè i membri si accorgevano che la delicata attività di correggere migliaia di corposi compiti d’esame sarebbe stata remunerata con la ragguardevole cifra di 1 (un) euro all’ora. La sola notizia avrà comportato uno shock degno di certificato medico.

Nello specifico per la scuola pubblica paritaria, la conseguenza grave – di cui saranno resi edotti i genitori del 10% degli alunni italiani che vi sono iscritti – è che ai primi di settembre potrebbe verificarsi la necessità di sostituire i docenti vincitori del concorso con altri abilitati…quali?

Dove saranno gli abilitati disponibili, una volta conclusi i tre step sopra citati? Tra quelli entrati in ruolo, quelli in attesa in sala professori e i vincitori di concorso, il governo Renzi ha di fatto messo in grave difficoltà molti genitori e alunni di scuole pubbliche paritarie, le quali hanno sempre fedelmente osservato la norma di assumere solo docenti abilitati…. Questi ultimi, come si accennava sopra, sono stati costretti – per ovvi motivi di concorrenza economica – ad accettare il ruolo nelle pubbliche statali. Non si parli di scelta libera: sarebbe indecente. E i genitori? Avranno forse un motivo in più per capire che in Italia sono considerati incapaci di intendere e di volere, in quanto se sono poveri non possono scegliere la scuola pubblica che desiderano; se poi fortunosamente – per l’impegno di Regioni virtuose, come la Lombardia – anche i poveri sono aiutati a scegliere le pubbliche paritarie (a un costo standard pro capite nettamente inferiore rispetto al costo della pubblica statale), si ritrovano senza…docenti!

Questo dunque è il compimento della Buona Scuola. Buona per chi? Per inciso: la legge 107/15, negli aspetti gestionali e amministrativi tenta di inserire nella scuola pubblica statale tutte le modalità che la scuola paritaria attua da decenni (o forse secoli?) e che si sono rivelate vincenti nel successo formativo degli alunni… parola di alti dirigenti del MIUR: “Abbiamo copiato pari pari l’impianto delle scuole pubbliche paritarie”. Per essere onesti e dirla tutta: da parte di qualcuno, assai attivo in certi sindacati, si è applaudito a questa migrazione di docenti dalla pubblica paritaria (“privata”, per citare fedelmente l’aggettivo che dimostra l’ignoranza più crassa) alla scuola pubblica statale, perché, si sa (sic), nella privata (intendasi paritaria) i docenti sono sfruttati (!). Eppure la Legge 62/2000 parla chiaramente di Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. E tali sono. Diamo per scontato che lo 0,04% delle scuole paritarie non in linea con il Tesoro e il Fisco devono essere stanate e distrutte dagli ispettori ministeriali, che su di loro spargeranno il sale. Occorre allora spiegare come mai i docenti che non volevano abbandonare la scuola paritaria, sapendo di finire in un marasma burocratico che spegne il cervello, si sono trovati davanti a una “non scelta”: eh sì, perché chi ha figli, fatti due conti, deve andare dove riceve uno stipendio maggiore, soprattutto se insegna materie che non permettono di raggiungere le 18 ore in una scuola monosezione.

Ma ovviamente per i politici, i sindacati, i gestori dei software amministrativi, il valore e la soddisfazione dei docenti della scuola pubblica paritaria, come pure la loro capacità professionale, sono ininfluenti. Malignità: conviene ammazzarle, queste scuole pubbliche paritarie che funzionano bene, i cui docenti sono valorizzati e lavorano sodo, da cui escono alunni ben preparati e richiesti nelle scuole pubbliche statali e nelle Università… a costo zero per i contribuenti. Troppo difficile trovare una soluzione intermedia (in attesa della libertà di insegnamento e di scelta educativa della famiglia, sul modello europeo) per evitare uno scempio a inizio anno per il 10% degli studenti Italiani: ad esempio la possibilità per i docenti di rimanere fino al termine dell’anno scolastico in compresenza su scuole pubbliche statali e pubbliche paritarie. Macchè! Troppo difficile configurare il cedolino…

Ancora un esito della Scuola, Buona solo per una parte dei docenti della pubblica: il bonus di 500 euro per i soli docenti della scuola pubblica statale (i sei miliardi di euro all’anno che la scuola pubblica paritaria regala allo Stato non sono sufficienti?), nel silenzio assordante dei sindacati; il piano per la digitalizzazione previsto per la sola scuola pubblica statale (già, l’altra no, non fa un servizio pubblico… peccato che ciò sia chiaramente esplicitato dalla corte costituzionale), perché accetta tutti senza discriminazioni. E’ esattamente ciò che la L. 62/2000 afferma anche per la scuola paritaria che deve accogliere tutti: portatori di handicap, DSA, BES, con un bel vantaggio per lo Stato e comunque con grande soddisfazione dei genitori, anche a ISEE zero, perché i loro figli svantaggiati hanno un servizio che altrove si sognavano…

A tutto questo rocambolesco percorso si aggiungono le assurdità della normativa scolastica “standard”: il CLIL, ad esempio, costerà un patrimonio alla scuola pubblica statale (cioè ai contribuenti) e sfornerà alunni di ignoranza ineguagliabile, anche universitari. Un professore di matematica bilingue di una famosa università del Nord Italia constata che a parità di spiegazioni da lui impartite in perfetto italiano e in perfetto american english, gli alunni del corso di italiano hanno risultati notevolmente più brillanti dei loro colleghi italiani che frequentano la sezione in inglese. Nulla a che vedere. Ma il danno si fa al liceo: si pensi alle inutili lezioni di arte o di scienze infarcite di ppt preconfezionati, dove il docente non si scolla dalla lettura delle slides, oppure allo spreco dei docenti conversatori nei linguistici: per la scuola statale basta che siano diplomati perché assunti come lettori in compresenza con il docente titolare: prendi uno, paghi due: un esborso economico che la scuola paritaria non si può certo permettere. E che è ingiusto e insipiente in sè.

Queste, al di là dei propositi e delle promesse (ah, Pinocchio!), sono alcune delle disfunzioni e delle autentiche ingiustizie causate dai cambiamenti innescati dalla “Buona scuola”. Purtroppo non saranno le ultime, visto lo stato di agitazione permanete dei sindacati in riferimento agli elementi di maggior valenza innovativa come la premialità, la chiamata per competenze certificate e non per anzianità, l’inserimento di genitori e studenti nel comitato di valutazione perché dicano la loro sulla qualità del servizio ricevuto… proprio queste sono le vere novità! Ancora una volta si rischia di vanificare le migliori enunciazioni pedagogiche e funzionali a causa delle più banali convenienze corporative e burocratiche. La buona scuola pubblica, statale e paritaria, intesa come comunità di docenti e famiglie, in cui ogni elemento concorre per le sue competenze al successo formativo degli allievi, si attende che, viceversa, si tenga fede all’impegno per una scuola che sia “buona” anzitutto per ragazzi e genitori, senza i quali la scuola è inutile e perde la sua motivazione fondante.

Certo è che per essere “buona” deve essere “liberamente scelta”. La badante ad ore senza marito non può essere costretta a iscrivere suo figlio H in una scuola pubblica statale, perché non ha i mezzi per scegliere la pubblica paritaria (per inciso: il costo standard della paritaria è di gran lunga inferiore a quello che costerebbe il figlio allo Stato, cioè ai contribuenti). Se ciò fosse (per ora è), forse è il caso che l’Europa sia stimolata ad una eventuale terza risoluzione per la libertà di scelta educativa oggi assente in Italia. Qualcuno raccolga l’ingiustizia resa alla povera donna di cui sopra (i sindacati non lo faranno? Non si lamentino poi del calo degli iscritti), si contino migliaia di firme e qualcuno si affidi ad un pool di avvocati amministrativisti che portino il “caso Italia / libertà educativa” in Europa. È l’unico modo possibile per smuovere le acque ed evitare la peggiore statalizzazione possibile dell’istruzione in pochi anni, un sistema a vicolo cieco in cui lo Stato sarà pessimo gestore e controllore di scuole. Morte civile.

Suor Anna Monia Alfieri


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