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COME USCIRE DAL BREXIT O RESTARVI INCASTRATI (di Paolo Savona)

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Tutti i paesi-membri vogliono qualcosa dall’Europa, ma ancora non sono disposti a sedersi attorno a un tavolo e starci finché non viene data una risposta alle molte richieste avanzate. Anche Cameron, che di diritti ne aveva meno di altri essendo restato fuori dall’euro, ci ha provato e ha ottenuto qualcosa, ma agli inglesi non basta. Egli aveva usato il grimaldello del referendum per incidere sulla staticità delle scelte politiche dell’UE, ma rischia di rimare incastrato dalla sua stessa abilità elettorale.

Infatti il dibattito sul referendum si è concentrato su un solo aspetto, quello dei flussi migratori che gli inglesi mal tollerano per l’entità e le forme che hanno assunto. Secondo un cliché sperimentato, si tenta ora di spostare l’attenzione sull’analisi costi-benefici del lasciare il mercato comune europeo, sostenendo che il bilancio sarebbe negativo. Coloro che chiedono di uscire sostengono il contrario, cosa sempre possibile perché di valutazioni si tratta, anche se i timori espressi da più parti all’interno e all’estero accrediterebbero il contrario, confermando però che queste stime sono incerte e, quindi, inutili per rovesciare l’opinione degli inglesi che l’Europa sia un vincolo alla loro libertà di scelta democratica, flussi immigratori inclusi.

Un gruppo autorevole di political scientist ed economisti provenienti da varie parti del mondo si è riunito a Oxford per discutere in particolare il problema dell’euro, come parte indispensabile del perché il mercato comune europeo non funziona come dovrebbe, tesi sostenuta da Cameron nella sua lettera al Presidente del Consiglio Europeo Tusk. La conclusione di due giorni di analisi è che, se i paesi membri dell’UE continuano a confrontarsi su temi come un aumento della domanda o politiche dell’offerta, proponendo di approfondire le riforme del mercato del lavoro, del welfare e della pubblica amministrazione, o chiede un’ulteriore cessione della sovranità fiscale per consentire all’euro di ben funzionare, non potrà arrestare la perdita di fiducia che investe l’euro e l’intera politica europea.

L’Unione economica e monetaria non potrà ottenere un suo approfondimento senza unione politica, in quanto ha perso consenso sul buon uso che ne farà, come testimonia il fatto che la crescita dell’area è la più bassa del mondo e la disoccupazione piuttosto elevata e distribuita in modo ineguale. Perciò va messo a punto il funzionamento del mercato comune e dell’euro. Ha inoltre sostenuto che, se il referendum inglese resta prevalentemente concentrato sui flussi migratori incontrollati, il Regno Unito uscirà dall’UE. Il fatto che la Bank of England e la Banca Centrale Europea sostengono d‘essere pronte a fronteggiare un’eventuale crisi, conferma che esse non intendano e possano andare alla radice dei problemi, inducendo gli inglesi a ritenere che la scelta del Brexit debba e possa essere attuata fin da adesso, senza aspettare la crisi degli accordi europei.

La conclusione è stata che i pericoli di un crollo degli Accordi Europei non possano essere sventati seguendo le linee intraprese, quella di diffondere la paura del dopo, su cui si reggono malauguratamente l’euro e UE, invece di proporre una diversa impostazione politica ed istituzionale delle relazioni intraeuropee. I tempi non sarebbero più sufficienti, ma la valutazione data da questo autorevole consesso è che basterebbe annunciare che i paesi europei, meglio ancora se quelli del G7 o G20, si mettessero attorno a un tavolo per discutere gli andamenti dell’economia e della società, ivi inclusi quelli dei flussi migratori.

L’effetto di annuncio sarebbe notevole, perché riaprirebbe le speranze dei cittadini europei nella possibilità che i loro gruppi dirigenti aprano gli occhi (e la mente) sull’insostenibilità dell’attuale situazione sociale ed economica. In modo specifico, il gruppo di studiosi è convinto che il Regno Unito abbia il prestigio culturale, che la storia a essi attribuisce (da Locke a Mill a Beveridge e Keynes), di saper plasmare il mercato globale in modo tale da portarlo al servizio della pace e del benessere per tutti, e potrebbe rappresentare il punto di svolta del dibattito sul Brexit centrato sui flussi migratori, divenuto simbolo della libertà di scelta della democrazia alla quale gli inglesi non vogliono rinunciare . Anche gli Stati Uniti avrebbero interesse a partecipare, come pure la Cina non potrebbe restarne fuori.

La risposta che è pervenuta da autorevoli rappresentanti dei media che hanno un’influenza nella formazione della coscienza internazionale è che l’idea è interessante, ma inattuabile, sottovalutando il fatto che non è l’attuazione, ma l’annuncio che si vuole fare qualcosa tutti insieme per affrontare problemi epocali come quelli delle relazioni economiche e sociali internazionali. Il mondo non può vivere senza speranze tornando a competere tra chi riesce a difendersi dai mutamenti geopolitici e chi no. Così facendo la situazione non potrà che sfociare in una crisi molto più grave. Riunirsi attorno a un tavolo è già di per se importante rispetto all’ipotesi di abbandonarlo, come si va discutendo di fare.

Paolo Savona, MF 11.06.16

 


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