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CLAMOROSO ERRORE NELLA RIFORMA COSTITUZIONALE? di Vito Vavalli

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La proposta di riforma costituzionale offre nuovi spunti di riflessione critica ad ogni pie’ sospinto.
Più la si esamina, più si affacciano incongruenze che accrescono le preoccupazioni di chi, facendo esercizio di buon senso, auspica che il processo di revisione riparta da capo, magari in un Parlamento che non sia espressione di una legge elettorale valutata incapace di rappresentare l’elettorato, e dunque incostituzionale.

Cosa c’è di nuovo a meno di venti giorni dal referendum? Un problema di possibile blocco politico che, in certe evenienze, appare insormontabile e che darebbe luogo ad una singolare asimmetria. Con scelte di comportamento antagoniste, il Senato potrebbe determinare una crisi in un procedimento legislativo decisivo e indurre allo scioglimento anticipato della Camera dei deputati, per poi aspettare il frutto di una nuova consultazione, così da riavviare un processo legislativo più accomodante rispetto al proprio volere.

È stata già segnalata da numerosi autorevoli commentatori l’indeterminatezza della soluzione, nell’ipotesi passasse la riforma, qualora si verificasse un conflitto tra il Presidente della Camera e quello del Senato; se accadesse, non si saprebbe a chi rivolgersi per dirimerlo. Ci si chiede inoltre, a ragione, con quali gradi di efficacia ed efficienza possa funzionare un Senato nel quale si succedano Consiglieri regionali e Sindaci cessati nelle loro funzioni di amministratori locali perché scaduti o decaduti.

Ma non basta. Forse per una svista, forse per volontà deliberata, emerge un’ulteriore elemento di potenziale squilibrio.

I nuovi articoli 86 e 88 prevedrebbero, se il testo di riforma fosse approvato dai cittadini, che il Presidente della Repubblica possa sciogliere la sola Camera dei deputati. Ma se per una delle ipotesi di esercizio collettivo del potere legislativo si giungesse ad uno stallo (e la storia ci insegna che cose del genere possono accadere), si tornerebbe alla urne solo per uno dei rami del Parlamento, mentre l’altro rimarrebbe ben saldo al proprio posto, senza che nessuna norma costituzionale fornisca strumenti per metterne in discussione l’operato rinviandolo al giudizio dell’elettorato, giacché i Senatori sono nominati, non eletti. Per il Senato, si tratta di un potere di interdizione notevole, sostanzialmente privo di contrappesi o di salvaguardie istituzionali per la res publica. Con buona pace della democrazia e del bene comune.

Insomma, nonostante le veementi dichiarazioni strombazzate da Renzi & C, quella prevista dalla riforma non sembra proprio un’architettura utile a migliorare la governabilità del Paese, anzi…

Vito Umberto Vavalli
[email protected]


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