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Attualità

“Athanor” di Raffaele SALOMONE MEGNA

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Anche se non sono nato a Napoli, ma a Benevento, mi sono sempre sentito particolarmente legato a questa meravigliosa città che ho conosciuto molto bene frequentando da giovane il Politecnico partenopeo.
Parlare della bellezza dei suoi luoghi sarebbe cosa ovvia, ma anche molto riduttiva .
Il suo fascino non deriva solamente da questo.
Tante altre città, infatti, possono vantare al pari di Napoli contesti ambientali e paesaggistici di altrettanto pregio ed amenità, ma non hanno lo stesso fascino e non sono altrettanto accattivanti.
L’unicità di Napoli scaturisce da altro.
Scaturisce dalla sua cultura, di antica e variegata origine, e dalla sua gente, dal carattere mite e tollerante, che sono, appunto, il prodotto ultimo di questa cultura.
Napoli è come un athanor , il crogiuolo con cui gli alchimisti medioevali cercavano la lapis philosophorum , la pietra filosofale, questo almeno secondo il pensiero corrente di quel tempo.
Ma in realtà l’athanor era ben altra cosa: esso rappresentava lo spirito umano in cui arde il fuoco, quel fuoco interiore da cui scaturisco tutte le trasformazioni che conducono alle qualità morali e spirituali dell’individuo e la pietra filosofale altro non era che l’amore per la saggezza, l’unica virtù capace di trasformare qualsiasi esperienza quotidiana in oro.
Orbene, questa è Napoli.
Un crogiuolo di culture,di razze e di individui che si affannano nei travagli quotidiani ,ma sempre con grande voglia di vivere, con ironia e saggezza.
Dalle mie parti si dice che il napoletano può anche rinsecchire, ma non muore mai.
La vitalità di Napoli affascina ancora oggi i visitatori così come colpiva i viandanti ed i turisti del settecento, che la inserivano tra le mete del gran tour delle capitali europee assieme a Roma, Parigi e Londra.
Napoli è anche stata sempre una grande città.
Già con Carlo di Borbone, il primo sovrano del regno delle due Sicilie, nel 1750 annoverava più di quattrocentomila residenti, cifre ragguardevoli anche per Londra e Parigi.
A quei tempi, per fare un confronto, Milano non superava i 90.000 abitanti, Bari ne aveva 25.000 e Roma circa 150.000.
Fu la indiscussa capitale europea della musica e la culla, insieme a Milano, dell’illuminismo italiano, ospitando personaggi del calibro di Giovan Battista Vico, Gaetano Filangieri, Pietro Giannone, Mario Pagano, veri e propri precursori del pensiero moderno.
Ovviamente i napoletani illustri sono stati tantissimi ed enumerarli sarebbe cosa ardua e non è certo il fine di questo breve scritto.
Ma come tutte le grandi città altrettanto grandi sono i suoi problemi, con la peculiarità che i problemi di Napoli hanno precise cause storiche (rectius questione meridionale).
Anche di questo non parleremo anche se ho trovato, leggendo il libro “ Anchluss “ di Vladimiro Giacchè, inquietanti analogie tra la distruzione del tessuto produttivo del Regno delle due Sicilie, operato scientemente dai Savoia, con la deindustrializzazione della DDR ad opera della Germania ovest e con la decrescita infelice conseguente all’austerità imposta all’Italia dalle lobby nord-europee.
Per cui mi lascia particolarmente perplesso la ruvida querelle che ha visto contrapporsi il primo cittadino di Napoli, Luigi De Magistris, al noto scrittore Roberto Saviano, entrambi napoletani di nascita e ben consapevoli delle cause storiche degli annosi problemi di questa terra.
Il casus belli è stata una sparatoria avvenuta nel quartiere Forcella, in cui sono stati coinvolti alcuni ambulanti senegalesi ed una bambina partenopea di dieci anni che, in compagnia del padre, è stata ferita ad un piede.
In una intervista Saviano accusa il sindaco di populismo con tali testuali parole: “Parla come se fosse all’opposizione, invece è al potere. Le bellezze della città sono merito suo, il potere criminale, disoccupazione, controllo del territorio sono demeriti dello Stato. Se non è populismo questo…”.
De Magistris per contro ribatte : ” ….omissis…..Stai facendo ricchezza sulle nostre fatiche, sulle nostre sofferenze, sulle nostre lotte. Che tristezza. Non voglio crederci. Voglio ancora pensare che, in fondo, non conosci Napoli, forse non l’hai mai conosciuta, mi sembra evidente che non la ami.”
Ove non bastasse Saviano ribatte:“Sogno sindaci africani per salvare il mio Sud martoriato”.
Come detto precedentemente, questa querelle mi ha lasciato particolarmente perplesso, perché in essa si intrecciano situazioni che hanno genesi antiche ed altre che ormai travalicano i confini della città partenopea ed assumono una dimensione sempre più europea.
Infatti, quando Saviano dice che il Sindaco deve farsi carico anche della disoccupazione e del controllo del territorio, sbaglia.
La lotta alla disoccupazione dovrebbe essere la prima priorità di uno stato democratico che si fonda sul lavoro ( art.1 Costituzione).
Ma questa lotta non viene fatta a causa dei vincoli europei, che impongono pareggio di bilancio e deflazione, disoccupazione e povertà.
Lo stato italiano non può combattere la disoccupazione perché in base agli accordi di Maastricht non può più monetizzare il debito sovrano , figurarsi i comuni stretti a loro volta dal cosiddetto patto di stabilità.
Anche il controllo del territorio è compito precipuo dello stato italiano ed il comune al più può solamente concorrere.
Infatti, sarebbe lecito chiedersi se gli ambulanti senegalesi coinvolti nella sparatoria avessero il permesso di soggiorno e se esercitassero i loro commerci in maniera lecita, fermo restando la condanna più totale dell’atto camorristico.
Per quanto riguarda l’asserzione di Saviano della necessità di sindaci africani per il meridione, essa è in re ipsa una dichiarazione razzista.
Infatti Saviano non chiede migliori amministratori per il Sud, di qualunque colore e confessione essi siano, ma sindaci africani, ritenendo che ipso facto essere africano sia garanzia di onestà.
Il giudizio non è relativo alla singola persona, ma sul fatto di appartenere ad una determinata categoria. E’ quindi un pregiudizio!
Purtroppo, in questo caso, il razzista non è Salvini o la Meloni, ma è Saviano il quale, tra l’altro, con il suo dire avalla implicitamente il “vincolo esterno” overrossia il fatto che gli italiani siano incapaci a governasi da soli e debbano essere guidati dall’oligarchia europea, con tutti i corollari che questo comporta, ulteriori cessioni di sovranità alla U.E., e le sofferenze conseguenti.
Ma i napoletani hanno la capacità e la volontà di governarsi e di autodeterminarsi.
Napoli è medaglia d’oro al valor militare essendo stata stata la prima grande città europea a liberarsi dal giogo nazista e forse anche per questo nobile retaggio il 70% dei partenopei ha votato “no” alla riforma costituzionale.
Entrando poi nel merito della dichiarazione di Saviano, si deve necessariamente osservare che i sindaci africani non danno grande prova di se stessi per quanto concerne il controllo della criminalità.
Una classifica delle N.U. relativa al tasso di omicidi per l’anno 2012 collocava al 9° posto il Sud Africa, al 17° il Ruanda, al 21° la Nigeria, al 114° il Senegal, mentre la Francia è al 154° posto e l’Italia al 156° posto.
Non credo che le cose siano tanto cambiate per il 2016.
Ma anche De Magistris ha sbagliato.
Ha sbagliato sicuramente nella forma e, da ex magistrato, sa bene che in diritto la forma è anche sostanza.
In ogni caso, da innamorato della città partenopea vi esorto a visitarla con le parole di Goethe:
“Ma quello che non si può raccontare né descrivere è la magnificenza d’una notte di plenilunio, quale l’abbiamo goduta vagando per vie e per piazze, sull’interminabile passeggiata di Chiaja e poi su e giù lungo la riviera. Qui si ha veramente la sensazione dell’infinità dello spazio.
Senza dubbio, vale la pena di sognare così.”
Raffaele SALOMONE MEGNA


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