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Analisi e studi

ANTIPARLAMENTARISMO – Bandiera della destra conservatrice agitata con la mano SINISTRA

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Il Parlamentarismo è un sistema politico fondato sul primato dell´istituzione parlamentare, in quanto espressione della volontà del popolo. Tale sistema si fonda sull’architettura costituzionale, e vede quindi il primato del potere legislativo. Si è sviluppato a partire dal XVII secolo in Inghilterra, e dalla fine del XVIII sul resto del continente europeo. L´aspetto più critico dei sistemi politici parlamentari da sempre è quello di conciliare il principio di rappresentanza pluralistica con la stabilità dei mandati, la cosiddetta governabilità.

Specularmente, l’antiparlamentarismo rappresenta ogni forma di opposizione al sistema rappresentativo. Tale fenomeno cominciò a manifestarsi negli anni Ottanta dell’Ottocento in Francia e crebbe fino ad esplodere nell’assalto della Camera dei deputati. La Francia era diventata una Repubblica parlamentare dopo la guerra franco-prussiana del 1870. Negli ultimi decenni del secolo, contestualmente ad una forte crescita economica e finanzia, molti amministratori, banchieri, ministri e parlamentari furono coinvolti in diversi scandali e corruttele. Cominciò a diffondersi la convinzione che i rappresentanti del popolo fossero in buona parte corrotti e che il Parlamento fosse niente più che un´accozzaglia di mercenari che si cucevano le leggi addosso come vestiti, tanti abberluscone insomma. Anzi, abberliuscòn (in francese).

Gli antiparlamentaristi sono in genere comunità legate da interessi comuni, non fondate su alcuna idea o ideale politico, e vincolate al raggiungimento di determinati scopi comuni. Per questo esigono una severa e intransigente disciplina di “appartenenza”, spesso ne consegue un generale modus operandi settario.

In Italia, la nascita di un vero movimento antiparlamentarista si ascrive alla crisi della Destra storica nel 1876, quando la critica al primato della costituzione si riempí di numerosi significati: dalla corruzione, gli inciuci di palazzo tra partiti, dall’ingerenza della politica nell’amministrazione, al clientelismo. Tutta la cultura giuridica e politica di quegli anni fu critica verso il parlamentarismo. La critica non era rivolta solo alla forma parlamentare strictu sensu, ma più all’atteggiamento intollerante e altero, nonché corrotto della classe politica dominante. Si rimproverava loro una certa “distanza” dai problemi della gente comune. In buona sostanza gli italiani, a differenza dei francesi, non rimpiangevano una sorta di feudalesimo, piuttosto vedevano i politici come oligarchi che millantavano di essere parlamentari democratici.

Negli anni successivi, nonostante il desiderio di creare un sistema bipartitico fondato su due sole grandi forze, la Destra si frammentò in diverse sottocorrenti e si ascrisse questo fenomeno al tramonto del sistema di governo fondato proprio sui partiti.

Le istanze antiparlamentari ottocentesche, tuttavia, non si espressero a colpi di diritto costituzionale, né tanto meno attraverso moti di piazza, piuttosto trovarono voce nella letteratura dell´epoca, fortemente critica verso il regime liberale. Come non ricordare infatti il romanzo di Matilde Serao, La conquista di Roma, ed Enrico Castelnuovo con L’Onorevole Paolo Leonforte. E poi Federico De Roberto, grande scrittore siciliano, con il romanzo decadente I Vicerè; si pensi a Consalvo Uzeda e al suo cinico attaccamento alla poltrona privo di scrupoli. Anche Gabriele D’Annunzio ne Le vergini delle rocce esprime il disprezzo per la “mediocrità” delle forme rappresentative parlamentari attraverso Cantelmo, l’eroe del romanzo che rifiuta quel tipo di sovranità che si esercita «riempiendo la scheda con il voto», sottraendo autorità al Parlamento.

Pensare che oggi non è De Roberto a influenzare l´opinione pubblica ma i titoloni di Repubblica. Potremmo chiamarla decrescita…infelice.

Nei primi anni del 900 l´antiparlamentarismo assunse tutt’altra declinazione. Nacquero movimenti che non si limitavano a criticare il funzionamento della democrazia parlamentare, ma negarono la sua stessa ragion d´essere. Su questa scia Mussolini trasformò la camera dei deputati nella camera dei fasci e delle corporazioni, giusto per fare un esempio a caso. Trovarono terreno fertile altresì le destre nazionaliste e i socialisti-rivoluzionari.

Dopo la caduta del fascismo, sappiamo come andò. Condicio sine qua non per la restaurazione della democrazia fu la restaurazione dell’istituzione parlamentare come organo di rappresentanza del popolo.

Questa finestra sulla storia ci dimostra che l’antiparlamentarismo fa parte della storia istituzionale italiana, ma anche dei vicini europei. A cicli quasi alterni, con dinamiche che si somigliano in modo inquietante, se pur sparpagliate tra i decenni, torna in auge, spinto dalle ragioni più diverse.

Noi conosciamo bene oggi la litania di castacriccacorruzion&lepoltrone. Infatti, a gran voce si invoca la valorizzazione del momento della governabilità, ossia del primato del potere esecutivo su quello legislativo, sia pure al prezzo di una compressione della rappresentanza politica. Alcuni parlano di neoparlamentarismo ma cosa è questa se non una declinazione di antiparlamentarismo? Il progetto europeo, ad esempio, è incompatibile con le logiche parlamentariste, ancor meno lo è il neoloberismo. L´UE, infatti, è una forma di totalitarismo non autoritaria (poichè il potere è distribuito nelle forme, è formalmente illiquido, intagibile). L’UE propugna  l’antiparlamentarismo cosmico.

Questo è ciò che spiega la Meloni e D´Attorre fianco a fianco a difendere la Costituzione vigente e Renzi e la Lorenzin, sul fronte opposto, ad auspicarne lo smantellamento. Nessuno di loro è davvero mosso da ideali o portati politici valoriali. Sono due modi diversi di concepire il sistema politico di un paese messi a confronto, siamo ben oltre il confronto politico. Storicamente, come si è visto, questo è stato messo in discussione o a monte di grandi guerre, o a valle di grandi tradimenti, come quello del Risorgimento. Mi fermo qui va…

Alessandra Barletta

 


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