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Alternativa per l’Italia: Cocalo è nato e con lui la speranza di libertà (di Umberto Del Noce)

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In questi giorni, in cui l’amata Grecia è infiammata da scontri violenti e proteste contro le manovre scellerate di un’Europa senza cuore, voglio dedicare alcune parole a questo antico paese.

Prenderò come spunto uno dei più grandi contributi forniti dalla cultura classica al mondo: il mito greco.

Chi lo dice che i miti riguardino il passato?

Talvolta i racconti ci parlano dal futuro: credo che ogni libro sacro sia stato scritto nel futuro.

Oggi però voglio fare riferimento ad un mito in particolare: il mito d’Europa.

Europa porta un nome che innalza: “colei che ha grandi occhi”, inteso anche come “grande viso”, epiteto in passato concepito in riferimento alla luna piena.

Un nome femminile, astrale e accogliente dunque.

Eppure l’innocenza d’Europa fu presto infranta: Zeus, Dio del potere, preso da una fiammata di furore così tipica del Dio greco e assunte le sembianza di un toro, la rapì e la portò sull’isola di Creta.

Giunto sulla terra ferma, il Dio assunse la forma di aquila e la violentò.

Notiamo una prima coincidenza rilevante: il “toro” è il simbolo di Wall Street e l’”aquila “è il simbolo dell’impero statunitense.

Possiamo allora intendere la storia fin qui narrata in questo senso: il “potere”, simboleggiato da Zeus, nelle vesti del potere finanziario americano ha rapito e violentato l’innocenza d’Europa.

Pare, nel mito, che Europa non si fosse fatta pregare troppo per salire sul toro e, in effetti, neanche la nostra Europa, si è fatta molto pregare per vendere i propri ideali e i propri popoli.

Tuttavia il mito non finisce qui.

Da quell’unione forzata nacque un sovrano: Minosse.

A Minosse fece riferimento un regno impegnato in numerosi conflitti con tutti i suoi vicini.

In particolare con la Grecia, ed Atene venne presto sopraffatta da questo frutto degenerato d’Europa.

Eppure il regno di Minosse aveva i giorni contati: il sovrano venne presto ucciso in suolo italico.

In Sicilia infatti egli trovò la morte per mano di Cocalo.

Addirittura, dopo la morte, Dante condannò Minosse al secondo cerchio: il re, con la sua coda di serpente, indicherà per l’eternità alle anime la loro destinazione all’Inferno.

I nostri Avi futuri volevano avvisarci: il regno degenerato, sorto dopo la violenza esercitata dal potere finanziario su Europa, sarà in lotta con i suoi vicini e distruggerà la Grecia.

L’Italia, tuttavia, ucciderà il pestifero frutto illecito dell’unione violenta.

“Sono solo miti del passato”, mi direte voi.

Forse. Eppure se la fisica quantistica ha ragione nell’affermare che non la “causa” genera l’”effetto”, bensì lo “scopo”, allora possiamo sostenere che l’origine del presente stia più nel futuro che non nel passato.

Forse sogno, ma mi piace immaginare che l’ingegno di popoli distanti nelle sabbie del passato stessero indagando i semi dei giorni futuri per raccontare se stessi ad un mondo condannato ad essere sempre “altrove”.

E noi che leggiamo oggi parole antiche non possiamo non sentire muoversi dentro di noi una misteriosa corrente di comunione e fratellanza.

Per un attimo passato, presente e futuro perdono consistenza e allora diventa misteriosamente lecito affermare:

“Solleva il tuo capo, triste Atene percorsa da scontri e conflitti! La tua sofferenza vedrà presto fine!

“Cocalo”, infatti, in Italia è già nato!”


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